
L’incontro fra culture diverse ha trovato una delle espressioni più alte nel jazz, musica nata da una minoranza nera che viveva in un paese egemonizzato dai bianchi. Questo dialogo culturale, che lo ha segnato fin dall’inizio, trova oggi ulteriore conferma nella musica di Renato Strukelj.
Originario di una terra dove si parlano quattro lingue (italiano, friulano, sloveno e tedesco), il pianista sviluppa in modo coerente certi spunti che erano già apparsi in Se (2001), realizzato in trio con Roberto Franceschini, contrabbasso e Luca Colussi, batteria
Anche Liricordo è realizzato con un trio, ma stavolta si tratta di una formazione più inconsueta, che vede il pianista affiancato dal trombettista americano Kyle Gregory e dal contrabbassista sardo Salvatore Maiore. Entrambi i musicisti vantano un curriculum prestigioso, con collaborazioni che spaziano da Louis Sclavis a Lee Konitz, da Paul Motian a Kenny Wheeler. A questo grande trombettista canadese, che ha appena compiuto 75 anni, è dedicato Wheeler’s Mood, uno dei pezzi più intensi del disco. Liricordo conferma la fase particolarmente felice di Renato, che oggi ci propone un disco nel quale esuberanza e senso della misura si bilanciano perfettamente. Non ci sono orpelli né compiacimenti neoclassici, ma una continua osmosi fra tre musicisti eccellenti. Questo disco conferma che oggi le proposte più stimolanti in tema di jazz non vengono più dagli Stati Uniti, patria storica della musica afroamericana, ma dall’Europa. Non è l’opinione di chi scrive, ma quella ben più autorevole di Franco Fayenz.
Al tempo stesso, Liricordo conferma la grande vitalità della scena jazzistica friulana, che ormai è in grado di esprimere artisti di livello europeo. Se questo gruppetto diventerà più numeroso sarà anche grazie a Renato.